San Vito

Published on 18 Dicembre, 2015 | by Sara L. Canu

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“La politica vuol affossare il San Marcellino”

“Non mi piace apparire, sono in lotta per una giusta causa, ma non amo mettermi in mostra, dopotutto cerco solo di fare del bene ed è giusto farlo con discrezione”

E nonostante la discrezione è una donna diventata simbolo di una battaglia, che un giorno di 18 anni fa ha deciso che era arrivato il momento di fare qualcosa.

La protagonista dell’intervista è Lidia Todde, presidente della Onlus Obiettivo Sanità Sardegna e coordinatrice del movimento Salviamo l’ospedale San Marcellino.

Racconta come si è evoluta negli anni questa battaglia: “Siamo attivi dal 1997, nati come un comitato spontaneo a tutela della sanità mentale. Ci eravamo mossi affinché questa zona avesse una casa famiglia in cui tenere i malati. Come associazione abbiamo sempre avuto contatti con gli addetti ai lavori, avevamo raccolto 9000 firme per sostenere questa iniziativa. Ma è stata la solita storia di spreco di denaro pubblico, i fondi c’erano, la struttura c’era, c’era anche parte degli arredi ma non è mai partito niente. Come sempre ci sono dei fondi, c’è qualcuno che li sperpera e mai nessuno che recupera i danni fatti. Siamo un movimento più silenzioso degli altri, non abbiamo divise, non abbiamo ambulanze, ma ci facciamo sentire lo stesso”

Questa vicenda passata è sempre più viva nella mente di Lidia Todde : “In quel momento ho capito che dovevo fare qualcosa, che dovevamo fare qualcosa.”

Sembra sfortunatamente una storia che si ripete. Allora si lottava per la creazione di una struttura, oggi per salvaguardarne un’altra e lottare contro il declassamento dell’ospedale: “Non ci arrendiamo e continueremo a lottare, anche se siamo molto demoralizzati dalla situazione di stallo. Non c’è una svolta, non succede niente, siamo qui, a tentare di tutto con una spada di Damocle sulla testa. Abbiamo poca fiducia negli assessori, sono messi lì per eseguire i tagli, senza rendersi conto di quali gravi conseguenze possano creare. Parlano di casa della salute e sarebbe un disagio ancora più grande”

Le case della salute sono strutture che ospitano i medici di base della zona fino a un certo orario. Poi sostituiti dal servizio di guardia medica. Commenta Lidia Todde: “Un danno ulteriore. Perderemmo anche i medici nei nostri paesi. Sono ipotesi che non tengono conto di quanti anziani ci siano in questa zona e anche di quanto sia difficile muoversi per chi non ha un mezzo di trasporto. Tutto quello che riguarda le riforme della sanità non si tiene mai conto della sofferenza che vivono le persone coinvolte, noi cerchiamo di dare la giusta attenzione a questo fattore fondamentale”

Una lotta che troppe volte sembra contro un qualcosa di poco chiaro e di misterioso. “C’è la delibera che parla, poi parla l’assessore che dice di non preoccuparsi, ma subito dopo perdiamo un reparto. Poi parlano di riforma, bisogna fare i tagli, ma parlano di un elisoccorso che in caso di emergenza ci porti a Cagliari. Dov’è il risparmio? E in una zona così sfavorevole dal punto di vista dei venti poi! Sembra ancora di più una beffa”.

E una amara riflessione: ”Credo ci sia una matrice politica dietro a tutto questa vicenda. Non me la prendo nemmeno con l’assessore, lui è stato messo lì solo per fare i tagli. La verità comunque è che la politica dovrebbe essere al servizio del cittadino e invece succede esattamente il contrario”.

In tutti questi anni di lotta, Lidia Todde ha avuto modo di riflettere sulle reazioni della popolazione del Sarrabus: “Spesso accusano me e l’associazione di fare allarmismo ma non è così. Tutti possiamo fare qualcosa, non dobbiamo pensare solo al nostro orticello e, nonostante la totale sfiducia verso le autorità, è sbagliato anche arrendersi già convinti che non ci ascolteranno”.

E prosegue: ”Si sottovaluta troppo il problema e a volte ci lasciamo incantare dalle rassicurazioni degli assessori, anche quando non corrispondono a realtà. Dipende anche da noi, dobbiamo essere più attenti e meno creduloni.”

Ricorda anche: “Nessuna donna voleva più partorire a Muravera e adesso ci meravigliamo che non ci sia un reparto di ostetricia. Nelle manifestazioni a difesa del reparto non ha partecipato nessuna donna in stato di gravidanza. Adesso abbiamo perso radiologia per carenza di personale. E rischiamo di perdere medicina e chirurgia. Dobbiamo unirci, io spero in un risveglio generale delle coscienze, della popolazione e degli amministratori, l’unica soluzione è combattere tutti insieme. Mi fido degli amministratori, soprattutto di Sandro Porcu perché è giovane, un volto nuovo, fuori da giochi politici e molto combattivo”.

Un pensiero anche per i più giovani: “Anche i ragazzi di adesso non sono più combattivi come quelli di un tempo. Forse hanno avuto tutto e subito, così hanno perso, oltre ai valori, l’interesse verso tutto quello che li circonda. C’è poca attenzione da parte loro”

E la donna simbolo di questa battaglia conclude con un invito: “I cittadini, i commercianti, gli agricoltori, tutti noi siamo noi la realtà di questa zona e abbiamo il dovere di farci sentire e di manifestare il nostro dissenso. La fiducia è poca, ma non dobbiamo arrenderci o sarebbe davvero la fine”

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