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Published on 9 Luglio, 2013 | by Nino Melis

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Vietato parlare in lingua sarda, anche di storia della Sardegna

La lingua fa parte integrante della nostra storia .Entrambe costituiscono, in modo intrinseco,le radici identitarie di un popolo.
Così deve aver pensato  Elisa Melis, 18 anni,di Talana, studentessa dell’Alberghiero di Tortolì che pochi giorni fa, all’esame orale per il diploma, aveva esordito in limba la sua esposizione sulla storia della Sardegna.
E’ stata subito interrotta dalla presidente della commissione, nonché preside dell’istituto superiore Oggianu di Siniscola, Maria Antonietta Ferrante: “Non sono sarda e non capirei”.
Sarebbe bastato farsi tradurre il resoconto dell’allieva da un  componente ”bilingue ” della commissione d’esame. Troppa fatica. Più facile ”tagliare” la lingua dell’allievo, senza preoccuparsi dell’effetto pedagogico: assolutamente devastante.

O forse qualcuno è convinto che agli allievi dell’Alberghiero la   ”limba” serva solo per degustare i piatti cucinati.
Vista la poca dimestichezza con la lingua italiana che evidenziano non pochi insegnanti venuti in Sardegna dalla Penisola ( congiuntivo e condizionale compresi),si corre ora il rischio che sia l’allievo sardo a doversi adeguare alla lingua dialettale in uso nella Regione di appartenenza del docente.
Così torniamo al principio medioevale del ”cuius regio, eius religio” secondo il quale era il suddito a doversi adeguare alla religione professata dal sovrano di turno. Non il contrario. La Scuola sarda si merita davvero un nuovo Medioevo ?

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