Published on 21 Dicembre, 2015 | by Scuola Media - Terza C

Peppino e la guerra che ha combattuto: “Raccoglievo i morti per strada”

“Quando penso alla guerra mi vengono i brividi, ho visto persone morire e saltare per aria. Io sono vivo, ma ho rischiato di morire tante volte. Ragazzi state in pace, evitate che altre guerre possano accadere: la guerra è molto brutta, vi auguro di non viverla mai”.

Noi, ragazzi della Terza C, continuiamo a intervistare gli anziani del paese, questa attività scolastica sta diventando un’esperienza entusiasmante che ci sta facendo conoscere realtà lontane e, a volte, incredibili. Quando, di giovedì, arriviamo in piazza Europa, ci sono tanti signori anziani che ci aspettano e altri sopraggiungono mentre stiamo intervistando. Sono curiosi e spesso intervengono con aneddoti simpatici e scambiandosi battute tra loro.

A volte le interviste non possiamo farle per strada, perché alcuni anziani non escono e preferiscono essere raggiunti a casa.
Pochi giorni fa abbiamo intervistato un reduce della seconda guerra mondiale: il signor Peppino Porcu, un simpaticissimo signore che ci ha ospitati tutti nel soggiorno di casa sua e ci ha raccontato della sua tragica esperienza in guerra dalla quale è rientrato vivo, ma pieno di ferite nel corpo e soprattutto nell’anima.

Signor Peppino vive con la moglie, signora Giulia Mura, della quale dice: “E’ da tanti anni che viviamo insieme, ma è sempre nel mio cuore!”.

E’ circondato dai suoi nipoti, oggi sono qui con noi Jessica e Marta. Guida ancora la macchina e, nonostante l’età, si sente pronto a ripartire per fare il servizio militare.
Mentre ci racconta appassionatamente la sua esperienza, deve fermarsi, perché la commozione è tale che gli impedisce di parlare.

Come si chiama?
Mi chiamo Giuseppe Porcu, come mio nonno, ma tutti mi conoscono come Peppino.

Quanti anni ha?
Ad aprile compirò 93 anni. Sono vivo per miracolo, in guerra ho rischiato di morire tante volte. Però, nonostante la mia età, se mi dovessero richiamare, sono disposto a ripartire per il servizio militare.

Lei quindi è un ex combattente?
Sì, sono partito militare nel settembre del 1942, ero giovanissimo non avevo ancora vent’anni.

Ci racconta di quando ha ricevuto la chiamata alle armi e della sua esperienza in guerra?
Io ero figlio unico e mia madre era vedova da quando ero piccolo, ma bisognava partire. Ricevuta la cartolina, partii a settembre del 1942, andai a Cagliari al distretto “Casteddu e susu”, non ero solo, insieme a me di Muravera c’era Giorgio Paderi. Una volta lì, mi chiesero se volevo andare alla Milizia, ma io mi rifiutai, allora mi mandarono all’autocentro san Bartolomeo. Lì di notte dovevamo alzarci e andare al rifugio perché c’erano i bombardamenti. Dopo mi trasferirono a Settimo San Pietro e in seguito in provincia di Sassari, prima a Pattada e dopo a Buddusò. In quell’occasione feci il corso per poter guidare la macchina e dopo anche quello di motociclista. Mi aggregarono ad un autotrasporto pesante ad Abbasanta. In quel tempo morivano molti motociclisti, io avevo appena fatto il corso, allora mi prelevarono dal comando forze armate e mi fecero fare il motociclista. Il giorni in cui cadde il fascio ero a Busachi, ricordo che in caserma tutti i militari urlavano che la guerra era finita, invece aveva ragione il nostro capo di stato maggiore che disse: -Altro che finita, ragazzi, la guerra sta iniziando in questo momento!- C’erano tedeschi ovunque, avevano minato e bruciato molte zone della Sardegna, ammazzavano o facevano prigioniero chiunque trovassero.

Ma alla fine si salvò…
Tante persone sono morte o fatte prigioniere, anche miei commilitoni, io mi sono salvato, i tedeschi mi spararono mentre tornavo da fare una consegna a Busachi. Una volta rientrati a Cagliari, ci imbarcarono per Napoli, sbarcati ci portarono a Bagnoli nella riserva reale di caccia. Era pieno di serpenti e di rane, i continentali se le mangiavano io non ci sono mai riuscito. Dopo qualche tempo mi trasferirono a Castellina in Chianti vicino Firenze, anche qui i tedeschi avevano minato i terreni ed era molto facile morire facendo saltare una mina, infatti io avevo il compito di andare a raccogliere i morti dalle strade, io non li raccoglievo, dovevo guidare il mezzo, ma gli altri miei compagni ne raccolsero tanti. La tappa successiva fu Brisighella, nell’Appennino tosco-romagnolo, ero in prima linea, qui c’era un maresciallo di Villaputzu carabiniere. Un giorno arrivò il sergente maggiore che ci disse che la nostra compagnia era stata decimata, quel giorno un mio collega prese la mia macchina e mi lasciò il carro cingolato, per fare rientro al comando battaglione. Io conoscevo bene quelle strade perché viaggiavo ogni giorno, erano minate e si doveva fare molta attenzione. Lui però ha preso male una curva, ha sbagliato e ha preso in pieno una mina, è saltato in aria: vidi con i miei occhi il sergente maggiore ridotto “ a rogheddusu”, a brandelli. Io mi salvai, fui trasportato all’ospedale del campo, dove c’era un capitano sassarese che mi promise che sarei rientrato in Sardegna. Rimasi ricoverato per tre mesi, sono finito, insieme ad altri feriti sardi, tutti in attesa di rientrare in Sardegna, a Bari dove è venuto a trovarci il principe Umberto. Approfittammo della sua visita per dirgli queste parole:- Per portarci qui nel continente c’erano tanti mezzi, ora che dobbiamo rientrare a casa ci state portando da un posto all’altro perché mezzi non ce ne sono più, vero?- Colpito dalle nostre parole, il principe fece mettere a nostra disposizione un cacciatorpediniere che però ha sbagliato rotta e siamo finiti a Taranto. Qui l’ospedale era in condizioni disumane, era pieno di pidocchi e c’erano molti militari russi mutilati: chi senza gambe, chi senza braccia, per carità!- Finalmente siamo rientrati in Sardegna e ho fatto tre mesi di convalescenza e, invece di congedarmi, mi hanno fatto fare l’autista a Iglesias. Sono stato congedato nel mese di giugno del 1946. Certo sono rientrato dalla guerra vivo, ma sono pieno di acciacchi, ho difficoltà a camminare, le mine mi hanno lasciato il segno.

Ha mai avuto paura in guerra?
No, non ho mai avuto paura. Prima di partire il cappellano che ci ha confessati ci disse che stavamo andando al macello, ed era vero, ma questo l’ho capito dopo. Io comunque ho sempre pensato alla mia pelle anche se ero disposto a fare qualunque cosa e i miei superiori ammiravano questo coraggio. Ho visto la morte in faccia tante volte, ma sono stato fortunato perché sono ancora qua.

Ha mai ammazzato qualcuno?
No, ma ho visto morire tante persone, una volta saltai per aria, vidi morire dei compagni, io avevo nella cintura della divisa, delle bombe a mano che, nonostante io fossi saltato in aria, non scoppiarono perche bisognava staccare la linguetta. Ragazzi, voi siete giovani e non avete conosciuto la guerra, dovete però ringraziare la vostra professoressa che vi sta aiutando a capire cosa è successo.

Ha mai visto morire un soldato suo amico o che lei conosceva?
Certo, davanti ai miei occhi ho visto saltare in aria dei soldati che vivevano con me l’esperienza della guerra. C’erano molte zone minate ed era pericoloso attraversarle, solo che capitava di dover passare per quelle zone, e i rischi erano alti.

Poteva rifiutarsi di partire o decidere di lasciare la guerra?
No, non era possibile. Dovevi partire e, una volta lì, non potevi andare via, ti ammazzavano se scoprivano che voleva scappare. Io sono scappato quattro volte e mi è sempre andata bene anche grazie al tenente Enrico Delitala, sono anche stato in prigione.

Cosa prova quando partecipa alla commemorazione dei defunti del 4 novembre?
Mi commuovo, ricordo cosa è successo e mi emoziono tanto. Se guardate le pareti del mio soggiorno vedete tutte le foto, non sono mai mancato. Presentarmi è un dovere.

E’ ancora in contatto con qualcuno con cui ha condiviso l’esperienza della guerra?
No, non sento più nessuno. Quelli che erano con me sono tutti morti.

Cosa si mangiava?
Poca roba “ci furiada famini”.

Come comunicava con sua madre?
Le scrivevo lettere e quando sono stato ferito, hanno telefonato in paese dal comando.

Cosa pensa delle guerre che si combattono oggi nel mondo?
Mi viene da piangere quando sento parlare di guerra. Quando sento le notizie alla televisione o le leggo sui giornali, mi rattristo e mi preoccupo molto. Stiamo attraversando un brutto periodo, mi vengono i brividi, mi dà fastidio quello che sta succedendo. In tutte le nazioni stanno avvenendo troppi episodi di violenza, stanno ammazzando persone innocenti, stanno violentando le donne. Ragazzi vi auguro che le cose cambino e che possiate vivere periodo migliori. Neanche dopo la guerra ho visto una situazione così grave.

Ripensa mai al periodo in cui era in guerra?
Sì, ci penso spesso. Ho tanti ricordi della guerra ho sofferto tanto, ancora oggi quando ne parlo mi commuovo. Ho sofferto la fame, tanta fame,ho sofferto nel vedere i miei compagni morire. Ricordo i soldati che guidavano i muli perché, soprattutto negli appennini c’erano tante zone impervie e poi la gente che moriva, ho visto tante persone morire, troppe.

Cosa ricorda di Muravera nel periodo di Mussolini?
Mussolini all’inizio non era cattivo, ha fatto tante cose positive, si è interessato della Sardegna, dopo è cambiato. Ricordo che al tempo di Mussolini ogni sabato si doveva andare all’aia che si trovava dove oggi c’è l’officina dei Congiu. Lì ci davano i moschetti e ci facevano istruzione. Eravamo obbligati ad andare perché tutti ci dovevamo esercitare. Un sabato io non ci sono andato perché avevo fame e sono andato da mia zia che quel giorno aveva ammazzato il maiale. Mussolini era severo, se non rispettavi i suoi ordini, ti puniva, infatti mi misero in prigione per un giorno e una notte.

Ha qualche messaggio da dare a noi ragazzi?
Speriamo che dio ci aiuti e che le cose cambino. Le nazioni non sono unite, altrimenti anche la guerra contro l’Isis, sarebbe già finita, invece continua a mietere vittime innocenti, vedete quello che è successo a Parigi. Vi auguro con tutto il cuore di non vedere e vivere mai una guerra, è troppo brutta la guerra.

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