Published on 23 Febbraio, 2017 | by Scuola Media - Terza C
0La vita e i segreti di Ziu Allicu, l’ultracentenario di Muravera
I ragazzi della Terza C hanno intervistato Ziu Allicu Murtas, il simpatico ultracentenario di Muravera. Ci ha accolto nella sua casa insieme a tre dei suoi figli e alla badante, e ci ha raccontato diversi episodi della sua vita. Non è possibile trascrivere tutto quello che ci ha detto sia per questioni di spazio sia per “censura”. Mentre raccontava alternava momenti di tristezza, soprattutto quando parlava della sua infanzia, che a noi è sembrata quasi rubata (ma lui ci ha spiegato che per la maggior parte dei bambini della sua generazione l’infanzia è stato un periodo della vita cancellato, anzi non vissuto). Ma ci ha anche rallegrato con le sue battute simpatiche e allegre. Rimprovera a noi giovani di essere troppo pigri.
Come si chiama? Quanti anni ha?
Murtas Emanuele, ho 102 anni.
Come si sente ad avere questa età ?
Sono ancora allegro, sono 102 ma mi sembra di essere più giovane.
Ha tanti fratelli? Sono longevi come lei?
(A questa domanda Ziu Alliccu si commuove e racconta che suo padre si è sposato una seconda volta, dopo la morte della moglie nel 1918, quando lui aveva solamente quattro anni; dice anche di essere cresciuto con una matrigna, con la quale non ha vissuto bene. I suoi fratelli (due femmine e un maschio) nati dalla prima madre sono morti, lui è l’unico ancora in vita).
I fratelli della prima moglie di mio padre sono tutti morti: eravamo quattro (2 maschi, 2 femmine) e ora ci sono solo io. Oggi sono qua e mi guarda una donna, lei è una brava badante.
È mai andato a scuola?
Come vi ho detto prima, mia madre è morta nel 1918 di Spagnola (una forma influenzale), io avevo solo quattro anni e mio padre si è risposato. La mia matrigna, all’età di sei anni, mi ha chiesto: “Cosa vuoi fare, andare scuola o alle capre?” E’ normale, un bambino di sei anni ti risponde: “le caprettine”, e così non sono andato a scuola e questo mi dispiace perché io non so né scrivere né leggere e quindi altro che scuola, ho iniziato a lavorare, ho fatto il pastore non solo di capre, ho pascolato bestiame di ogni tipo; mi ricordo che mio padre mi faceva andare vicino a un recinto dove tenevamo la legna e mi dava una Launeddas, così, quando si avvicinavano le capre, io suonavo ma loro scappavano.
Cosa avrebbe voluto fare da grande, è riuscito a realizzare il suo sogno?
Avrei voluto andare a scuola e imparare a scrivere così mi sarei confermato nelle armi.
Come si divertiva quando era piccolo?
Correndo in campagna con il bestiame. Andavo ad uccellare (prendere uccelli)
Ha combattuto la seconda guerra mondiale? Che ricordi ha di quel periodo?
Sono stato richiamato, ma non ho combattuto. Il mio battaglione ha occupato la Corsica, però dopo siamo andati via perché sono arrivati gli inglesi. Io facevo il cuoco, ero sempre in cucina, mi piaceva cucinare perché non mi cercava nessuno, in cucina c’ erano due sentinelle. Aiutavo le persone e davo loro da mangiare. Una volta sono rimasto due mesi senza toccare la mia pagnotta, la regalavo a chi aveva più fame di me, io non ne avevo bisogno perché mi arrangiavo in cucina, poi il pane e il caffellatte me lo dava uno di Villasimius, io mettevo il latte e lui la pagnotta. Sapevo che dovevo fare quel servizio e me la sono sempre passata bene sotto le armi.
Quando lei dava la reazione di rancio all’altro, cosa mangiava?
Io non avevo bisogno, mangiavo pastasciutta, mangiavo sempre qualche cosa, perché del rancio che davo alla truppa non potevi mangiarlo, perché solo l’odore….. ti disgustava. Ti dovevi adattare per farlo bastare a tutti, più di tanto non potevi: un mestolo e poco più, ma c’era fame e tutti lo mangiavano, nonostante non fosse proprio buono.
Zia Allicu, quando è tornato dalla guerra come ha trovato Muravera?
Ero fuori, ero in Corsica. Quando sono tornato ho trovato il paese più grande. Però c’era molta povertà. Muravera era piccolo. Non c’era né l’ospedale né il campo sportivo, lì c’erano i pascoli.
Ha mai visto un suo amico morire in guerra?
In battaglia no, io sono stato fortunato e non ho combattuto, ne ho visto uno, ma gli hanno sparato in cucina. Noi eravamo la Brigata Sassari e c’erano due battaglioni, 51 e 52; c’era un soldato della 52 che quando arrivava un altro soldato in cucina gli dava sempre uno schiaffo, lo picchiava, era un continentale. Un giorno ha assistito al fatto un ragazzo delle parti di Carbonia, si chiamava Vacca, e gli ha detto a quello era stato picchiato: “Ti sei offeso Tore? ” No – rispose quello – non mi sono offeso”. Lui all’indomani mattina arrivò col fucile in cucina e appena entrato sparò al continentale. L’ha ammazzato e lui è andato in prigione.
In periodo di guerra scriveva le lettere ai suoi genitori?
Io, come vi ho già detto, non sapevo scrivere, però c’era lo scrivano che aveva il compito di scrivere per tutti quelli come me, anche se le mie lettere le scriveva un mio amico.
Nella sua lunga vita qual è stato il momento in cui ha avuto più paura di morire?
Nella mia vita? Ho pianto tanto, ho sofferto molto per la mancanza di mia mamma, ma non ho mai avuto paura di morire, neanche quando ero piccolo e stavo in campagna da solo.
Dopo tanta tristezza, ci può raccontare invece, qual è stato l’episodio più divertente della sua vita?
Mi chiedete se mi sono mai divertito? Sempre pastore ero. Ma, a pensarci bene, ricordo di un giorno in cui, in campagna, ero caduto in una pozza grande di acqua. Avevo le mani impegnate con le bacchette ( il mio strumento di lavoro) e non potevo nuotare, stavo annaspando. Il fatto è che ero talmente spaventato che mi ero dimenticato che sapevo nuotare. Di momenti belli della mia vita ce ne sono stati, ad esempio, quando sono nati i miei figli. Mi divertivo con mio figlio Salvatore, avevamo un gioco tutto nostro, quando io canticchiavo lui ballava, e quando smettevo si fermava di colpo.
Noi abbiamo 13 anni e molti di noi hanno già la fidanzata, lei alla nostra età ce l’aveva?
Non avevo una fidanzata, ma mi frequentavo di nascosto con mia cugina.
La sera, quando si è fidanzato, usciva con lei?
No, ci si incontrava a casa, con tutta la famiglia, non ci lasciavano mai soli, c’era sempre mia suocera a controllarci.
Avrà fatto qualcosa per cui si è divertito? Il giorno del suo matrimonio?
Macchè. Siamo andati in chiesa come due cagnolini, non c’era nessuno.
E quando sono nati i figli? Quanti ne ha? Si ricorda quando sono nati?
Quando sono nati non c’ero mai. Però mi piaceva essere padre. Ricordo che a Salvatore “lo ballavo”. Aspetta il suono, io gli facevo sentire Dillo…. e lui aspettava di dire “danna” e se non stavi attento ti volava dalle mani.
Adesso i ragazzi quando escono, anche se non sono fidanzati, si abbracciano, scherzano mano nella mano: prima potevate farlo?
Macchè, c’era sempre la guardia di scorta, non ci si poteva avvicinare alle ragazze, neanche a quella che ti piaceva.
Le sarebbe piaciuto vivere una vita diversa, come la nostra?
Certo che è bello, ma c’è troppa libertà. Oggi voi dite: “ Mamma sto uscendo”. Ma prima no, non potevi parlare così, dovevi chiedere il permesso, se no erano schiaffi.
Quando si è fidanzato cosa ha fatto? E’ andato con i suoi genitori a chiedere la mano?
E no è andata mia matrigna. Io stavo filando con mia cugina. Poi si è presentata questa donna, in casa, mia moglie, zia Mafalda e mi sono innamorato di lei.
Dopo quando tempo vi siete sposati?
Poco, dopo due anni di fidanzamento
Con la sua fidanzata dove andava, dove usciva, andavate a ballare?
In nessun posto. Macchè ballare. Andavo a casa sua. Non ci lasciavano soli, c’era sempre Marietta (mia suocera). Eravamo indietro. Non era come adesso. Adesso è “già saltato di ordine”.
Ci sono delle tradizioni di quando era piccolo che adesso sono scomparse?
Era tradizione andare sempre da Giovannino a giocare a carte, molte persone ci andavano, oggi in quel locale non c’è più il bar, per un periodo mi hanno detto che c’era una pizzeria, è vicino alla chiesa. E Is aimeddas? Quelle sono per tutti i Santi. Soldi ne davano poco. Avevamo Is Arraeddas, le suonavamo andando di casa in casa e dicevamo “tocca su primu toccu” .
Quando ha visitato per la prima volta Cagliari e come ci è andato?
Da giovane non sono mai andato. Da adulto sì, con la corriera.
Com’era la strada per Cagliari?
Bianca, sterrata.
Quando era piccolo che mezzi di trasporto esistevano?
Cavalli, avevamo il cavallo e mi piaceva, andavo anche di cavalleria a San Priamo. I cavalli con i carretti dietro.
Lei ha la patente per la macchina?
Sì, ma con la macchina andavo a finire sempre in un burrone.
Invece la moto?
La moto l’ho sempre avuta. Vespino 50. L’ho data a Gianpaolo Murtas e lui l’ha data a Franco. L’ho guidata tanto. Ce l’aveva prima mia moglie e poi è passata a me.
Quando ha smesso di guidarla?
Ero grande (85/89 anni).
Quando a Muravera è venuto Mussolini lei l’ha visto?
A Muravera no, ero a Luras, richiamato (vicino a Tempio), c’ero quasi un anno a Luras. E’ venuto ad ispezionare il battaglione. Quando Mussolini era a Luras, io ero lì, ma non so cosa abbia fatto quando era davanti al battaglione perché io stavo cucinando, e ricordo che avevo cucinato il riso la mattina, ma lo avevano mangiato alle tre del pomeriggio, perché Mussolini li aveva tenuti impegnati.
Com’era? Era cattivo Mussolini?
Un uomo grosso. Lui faceva del bene, perché in quel tempo essere assicurato era una cosa buona.
Poco fa ha parlato di bacchette, a cosa le servivano?
Per fare i cestini. (Ci mostra molti dei suoi lavori, non solo cestini, ma anche vasi, lampadari, tutti fatti col salice selvatico).
Lei andava in moto a raccogliere il materiale? Dove lo raccoglieva?
Nei fiumi, dove c’erano questo piante. Lo pulivo li, e lo mettevo ad asciugare. Mi sedevo e lo sbucciavo. Bellosi lo conoscete? Quelli me ne hanno dato di soldi. Mi dava i barattolini (vetro), io li rivestivo e lui li vendeva pieni di miele.
Sino a quanti anni ha lavorato con i cestini?
Sino a 15 anni fa. No, di meno? Sarà un 7 anni fa, 8 anni fa.
Adesso cosa fa per passare il tempo?
Io? mangio e bevo, acqua. Mi sembra che gioco anche a carte. A carte sì.
Nel 56 in Sardegna è arrivato il televisore, dove andavate a guardarla?
Prima si usava, siccome non tutti avevano il televisore, si andava da chi l’aveva.
Noi oggi abbiamo tanti vestiti, lei da piccolo aveva tutti questi vestiti?
Ehhhh, ce n’erano di vestiti! Le coperte sai cos’erano? Astapeddi. Una pelle di pecora lo mettevi come cappotto, come questo gilet Per le scarpe invece “ua peddi de muenti” , pelle di asino, che però non si poteva usare quando pioveva ma solo in estate; queste scarpe erano resistenti, ma se le usavi quando pioveva ti facevano venire le bolle. Quindi le sostituivamo con delle scarpe di gomma, chi ce le aveva. La domenica era la giornata di lusso infatti usavamo i pantaloni di velluto o fustagno.
Ha mai pensato di emigrare fuori dalla Sardegna?
Ho girato tutta la Sardegna, sono stato a Sassari, sono stato a Luras quasi un anno, sono stato a San Gavino. Ho lavorato a Monza, in un magazzino di combustibili: carbone, legno, cherosene. Sì, ci ho pensato, sono andato a cercare lavoro a Monza, e ho trovato lavoro come magazziniere, però sono tornato; se invece fossi restato lì a quest’ora starei meglio.
Le volevano bene?
Come no, mi volevano bene sì.
Perché è tornato? Aveva nostalgia?
Sì, ma ho sbagliato.
Sarebbe voluto rimanere?
Sono tornato e hanno preso mezzadria di pecore e ho continuato a fare il pastore. Se invece fossi rimasto lì, oggi starei meglio e la pensione sarebbe più alta.
Se tornasse indietro nel tempo cosa cambierebbe della sua vita?
Tanto. Cambierei il fatto che non sono andato a scuola, se ci fossi andato a quest’ora sarei un ex militare perché mi sarei potuto arruolare. E avrei avuto una buona pensione, migliore di quella che ho adesso. Sotto le armi mi volevano bene; un giorno mi chiamò il sergente maggiore e mi chiese cosa volevo fare e io gli risposi che non sapevo neanche parlare l’italiano per cui che lavori potevo fare? Allora mi mandarono in cucina, lì ho fatto tutto il richiamo.
Quindi ancora oggi sa cucinare bene?
Sì, so cucinare bene. So preparare anche i ravioli, una volta ne ho fatti 700.
Cosa ne pensa dei giovani di oggi?
Che non valgono nulla perché pensano solo a giocare, non sanno fare nulla, molti sono anche poco rispettosi. Quando io ero giovane si giocava poco, dovevamo fare tutto a casa e fuori. Non c’erano tutti gli elettrodomestici che ci sono oggi, ad esempio per lavare i panni si andava al fiume si metteva a bollire la cenere dentro una caldaia, per preparare il detersivo, i panni si stendevano al fiume, dove si stava tutto il giorno. Ogni sabato poi si faceva il pane che durava tutta la settimana. Non dico che si deve tornare a fare quelle cose, ma siamo troppo comodi.
Che consiglio da a questi ragazzi? Cosa devono fare questi giovani?
Baciare le ragazze. (Ziu Alliccu ride con piacere a questa battuta e ne aggiunge anche altre che provocano la nostra ilarità, ma che non ripetiamo). A parte gli scherzi, io consiglio ai giovani che hanno la possibilità di andare a scuola e non ci vogliono andare di studiare, la scuola è bella, istruisce ti dà la possibilità di scegliere.
E’ bella la scuola, puoi fare anche la dottoressa di scuola. Però solo di penna non si campa, ci vuole anche il lavoro manuale, la mia badante ad esempio è brava sa fare tante cose. E’ necessario anche tornare a lavorare la terra, la terra ci ha sempre dato da mangiare, non dimenticatelo. Ma alla base ci deve essere l’istruzione.
Grazie ziu Allicu (la Terza C di Muravera)