Muravera

Published on 9 Gennaio, 2017 | by Piera Conconi

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Ciao Chiara, bellissimo fiore non ancora sbocciato

Dolore, amarezza, tristezza e tanta rabbia per l’ultimo saluto a Chiara.

Belli, erano tanto belli tutti quei ragazzi che hanno accompagnato Chiara. Belli e frastornati, ma non solo, mi sono sembrati spaventati, vulnerabili; guardandoli si vedeva  tutta la loro fragilità, sembravano un bellissimo servizio di bicchieri di prezioso cristallo, bicchieri ancora da riempire di nettare della vita, bicchieri talmente  delicati che basterebbe un piccolo alito di vento più forte per rovesciarli e infrangerli.

Vicini l’uno all’altro, cercando conforto reciproco, cercando forse una risposta all’esperienza che, loro malgrado, stavano vivendo, una situazione surreale. Tremavano, ma non di freddo, tremavano perché la vita li ha messi di fronte a un fatto spaventoso, tragico che non avrebbero mai pensato di vivere, loro, che erano convinti di essere forti e sicuri, capaci di riconoscere le situazioni di pericolo e di poterle scansare con una scrollatina di spalle.

Invece erano lì ad accompagnare una loro amica di qualche anno più piccola o più grande, in quello che è stato il suo ultimo passaggio in  questa vita.

C’era silenzio, tanto, troppo silenzio e tante lacrime, ma c’era anche amarezza, impotenza e rimpianto tra quella gioventù.

Io li guardavo dispiaciuta, vedevo molti miei alunni, ex alunni, amici dei miei figli o figli di amici, li guardavo, mi avvicinavo a loro per scambiare due parole e abbracciarli  e, mentre ero lì,  mi rendevo conto che ero piena di rabbia, non solo di dolore. Sì rabbia, non si può morire a 17 anni per gioco o per noia, no non è pensabile.

Chiara voleva vivere, bastava guardarla per capirlo, però non è vissuta, forse perché ha sbagliato modo di divertirsi, forse perché non ha messo un limite alla sua serata e ha voluto esagerare, inconsapevolmente, lei cercava la vita e invece ha trovato la nemica della vita. Ma non è solo lei a pensarla così, lei è stata sfortunata, veramente sfortunata.

La morte di Chiara deve servire da monito per  i nostri figli, far capire loro che stanno sbagliando, la vita non si deve sfidare, non si deve mettere alla prova, la si deve vivere e basta. Vorrei che da questa tragedia imparassero ad amare questa vita, a darle l’importanza che merita, che diventassero meno spavaldi di fronte a tutto e a tutti. Noi, come genitori ce la mettiamo tutta, ma tra noi e loro si frappongono tanti ostacoli, tante illusioni, tante chimere che, spesso, rendono vano il nostro amore.

Perché è per amore che soppesiamo i “sì” e i “no” che ogni volta dobbiamo pronunciare di fronte alle loro richieste. Certo, loro non sempre sono in grado di capire che si tratta di amore, lo interpretano come un divieto  o un dispetto da parte nostra, una mancanza di fiducia. Un giorno però apprezzeranno il nostro comportamento, ora vivono con l’entusiasmo tipico della loro età, ma oggi questa tragedia li ha messi di fronte a un dolore immenso che forse, mi auguro, li aiuterà a comprendere quale dono prezioso sia la vita, forse li aiuterà a rispettarla e  viverla con gioia ma con attenzione: allora, quando saliamo in moto mettiamo il casco, in macchina le cinture, evitiamo di correre per arrivare cinque minuti prima o per far vedere agli altri quanto siamo fighi.

E quando vi accorgete di avere bevuto un bicchiere in più, lasciate il bicchiere sul bancone e chiamate casa per farvi venire a prendere, certo i genitori si adireranno, vi rimprovereranno, ma l’indomani vi avranno davanti a tavola a chiacchierare o a continuare a rimproverarvi, ma lì con loro. Siate severi con i compagni che bevono e  che corrono in macchina e imparate a dire no ogni tanto, starete meglio voi e loro.

Non abbiate vergogna di apparire deboli, facendo così, dimostrerete di essere molto forti e di voler vivere una vita lunga e migliore. Pensate a Chiara, ai suoi occhi, ai suoi capelli, al suo sorriso che non rivedremo più e sorridiamo alla vita, quella vita che lei ha lasciato con tanto anticipo.

Mi aspettavo che oggi durante la messa si parlasse con i ragazzi, mi aspettavo una parola di  conforto per Denise, sorella di Chiara, per tutti quei giovani “dagli sguardi smarriti”, ma anche dei rimproveri, dei moniti. Era il momento ideale per parlare a loro, erano attenti silenziosi e forse proprio in attesa di questo. Invece non si è  stati capaci di cogliere l’occasione, di attirare l’attenzione di  un’assemblea così numerosa e di essere efficaci con gli interventi.

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