Published on 27 Febbraio, 2016 | by Scuola Media - Terza C

“A Muravera ho fatto nascere 5000 bambini”

In questi giorni dalle finestre di tante case sventolano lenzuola bianche, un’ iniziativa in difesa dell’ospedale, che ha visto la partecipazione di tutto il  Sarrabus. Noi  ragazzi della Terza C della scuola media di Muravera stiamo cercando di dare il nostro contributo alla battaglia che il territorio sta combattendo per impedire la chiusura di altri reparti del Nostro ospedale.

Il primo reparto che è stato chiuso sette anni fa circa è quello di ostetricia e ginecologia e noi abbiamo intervistato due persone che, in  quel reparto, hanno lavorato dalla sua apertura fino al giorno in cui è stato chiuso. Ascoltandole, abbiamo capito quanto fosse importante per il Sarrabus  quel reparto, ma abbiamo anche realizzato che il pericolo di chiusura di altri reparti (uno, Radiologia, anch’esso chiuso poco tempo fa), penalizzerà ancora di più un territorio posto in periferia, dove oltre alla mancanza del diritto allo studio, del diritto allo svago che stiamo vivendo noi giovani con tanto disagio, si aggiungerà anche il mancato rispetto del diritto alla salute che colpirà indistintamente tutti i cittadini, in modo particolare quelli con problemi di salute naturalmente.

Dopo dottor Falchi abbiamo intervistato signora Lalla, la cicogna del paese, prima ostetrica del San Marcellino.

“Mi capita spesso di incontrare delle madri che ho aiutato nel parto, mi fanno un regalo bellissimo che mi rende davvero felice quando mi dicono: -Per fortuna che c’era lei-” .

Come si chiama?
Mi chiamo Eulalia, ma tutti mi conoscono come Lalla.

Che lavoro fa?
Sono in pensione da sette anni, prima svolgevo la professione di ostetrica presso il San Marcellino qui a Muravera

Cosa fa esattamente l’ostetrica?
Aiuta la mamma a far nascere il bambino, ma prima la prepara seguendola durante la gravidanza ma soprattutto durante il travaglio che è il momento più delicato, quello in cui una donna deve sentirsi serena.

Dove ha lavorato?
Ho lavorato sempre e solo al San Marcellino per 37 anni, ma ho frequentato la scuola per ostetrica a Cagliari all’ospedale Civile per  quattro anni.

Le piaceva il suo lavoro?
Sì, anche se io non lo definirei un lavoro, bensì una passione e, più passavano gli anni, più mi piaceva.

Lo consiglierebbe ad una giovane che deve iniziare gli studi?
Sì la consiglio, è una professione che dà tante soddisfazioni. La consiglio anche ai ragazzi. A Muravera c’è stato e c’è ancora un ostetrico, Adriano Sanna.  All’inizio si evitava di fargli fare il suo lavoro per paura che creasse creava  disagio alle donne,  ma poi per le partorienti non c’era differenza tra lui e le sue colleghe.

Quanti bambini ha fatto nascere?
Ho fatto nascere tanti bambini, ho perso il conto; considerando il corso da me frequentato e l’ospedale, credo di aver fatto nascere 5000 bambini.

Ricorda qualche episodio particolare successo in sala parto?
Di episodi ce ne sono tanti, uno lo ricordo in particolare, sembra quasi una barzelletta. Un papà un giorno mi chiese se poteva entrare in sala parto per assistere alla nascita del figlio. Era una richiesta che ci facevano spesso e io ero tra quelli del personale che erano favorevoli a chè i padri entrassero in sala parto. Gli risposi di sì ma gli spiegai che se si fosse sentito male, nessuno poteva assisterlo perché le attenzioni erano rivolte alla mamma e al bambino. Lui, quasi offeso nell’orgoglio, mi disse che era un allevatore e aveva visto tante volte le sue vacche partorire, quindi era abituato. Questo suo discorso, a dire il vero, non mi piacque molto, allora gli risposi : “Ma, non vorrà paragonare sua moglie a una vacca?”. Comunque entrò in sala e durante il parto io non ero tranquilla e continuavo a dargli occhiate preoccupata. Alla fine del parto mi disse : “Ha visto che sono stato bravo e non sono svenuto?”, ma non riuscì a terminare la frase che iniziò a sbiancare e patapum, cadde  a terra privo di sensi.  Ancora oggi, a distanza di anni, mi capita di incontrarlo e, insieme, ridere sull’accaduto.

Le manca il suo lavoro?
Sì mi manca tanto, anche se sono andata in pensione nel momento in cui l’ho desiderato. Continuo a dire che il mio, più che un lavoro, è esperienza che hai acquisito e vorresti trasmettere ad altri. Ancora oggi, quando vedo una donna incinta, non riesco a resistere e mi avvicino per chiederle di quanti mesi è, come procede la gravidanza. Amavo aiutare la donna, starle vicino, mi piaceva darle confidenza, farla sentire a suo agio prima del parto. E’ importante che la donna, durante il parto, sia serena, è un momento delicato,l’ostetrica ha proprio questo compito: rassicurare la futura madre.

Lei è originaria di Muravera?
No, dell’oristanese. Sono arrivata a Muravera per lavorare all’ospedale, e come me tante persone sono venute qui grazie all’ospedale, ho conosciuto mio marito, che era poliziotto in servizio nella locale caserma e siamo rimasti qui a vivere e lavorare.  

Come si è trovata e come si trova attualmente a Muravera?
Muravera mi ha accolto, ma io non mi sento muraverese, nonostante viva qui da tanti anni. Sia io che mio marito non siamo di Muravera, ci siamo trovati a vivere qui per lavoro. Abbiamo degli amici, in particolare una famiglia, con la quale abbiamo sempre trascorso insieme il Natale, siamo molto amici. Lei, la moglie, è come una sorella per me.

Rispetto a quando è arrivata trova che il paese sia cambiato?
Sì, molto. Innanzitutto era meno esteso, l’ospedale era quasi isolato, intorno c’erano poche costruzioni. C’era più personale, la maggior parte di fuori, quindi c’era bisogno di case, ma non si affittavano case, solo camere.  C’era un solo albergo, il Corallo. Negli anni il paese è migliorato, anche l’ospedale è stato ampliato; non c’erano i supermercati ma solo piccoli negozi . L’unico centro di ritrovo era il bar Paderi, dove andavano tutti i giovani. Poi c’era una cosa che oggi non vedo più purtroppo, la passeggiata lungo la via Roma. Si tutti passeggiavano, era bello, incontravi tanta gente; ora non esiste più passeggiare. E’ anche vero che nel 1973, anno in cui sono arrivata io a Muravera, a causa della crisi petrolifera,  le domeniche le macchine potevano circolare a targhe alterne e questo era un incentivo per spostarsi a piedi. Inoltre c’era un’altra cosa che oggi non c’è più, il cinema. Si c’era il cinema al bar Paderi e tutti si andava a vedere film. Il paese non era ancora a vocazione turistica,  mentre Costa Rei stava iniziando a decollare, lì iniziavano ad arrivare i turisti, noi, da Muravera, ci andavamo a ballare. 

Ricorda quando il nido ospitava tanti bambini?
Quando io sono arrivata al san Marcellino, il nido non c’era ancora,eravamo solo due ostetriche e in sala parto non c’era la puericultrice. Di solito nel nido c’erano quattro o cinque bambini, ma siamo arrivati ad avere anche due bambini nella stessa culla e di culle ce n’erano dieci. Arrivavano madri non solo dal Sarrabus ma anche dal Gerrei, da Tertenia e anche da Cagliari.

La rattrista pensare che oggi a Muravera non nascono più i bambini?

Sì, mi rattrista molto perché io l’ho visto nascere il reparto e, posso dire di averlo anche visto chiudere. Abbiamo lottato, ma non è servito. Oggi c’è il consultorio, questa conquista è stata una lotta 27 anni fa, quando si è fatto il possibile per aprirlo; io ero una di quelle persone che hanno combattuto per questa causa e oggi, le colleghe che lavorano lì, mi ringraziano perché se oggi a Muravera c’è il consultorio è grazie a chi, come me, ha lottato.

Ha mai fatto nascere dei bambini in casa?
No, non mi è mai capitato perché ero un’ospedaliera, ma se dovesse succedere sono pronta a intervenire. Quando sono arrivata a Muravera c’era un’ostetrica a San Vito, ma era già anziana; poi c’era una libera professionista ma, dopo l’apertura dell’ospedale, le donne preferivano partorire lì, si sentivano più tranquille anche perché c’era la presenza dei ginecologi e, poi, anche del pediatra.

Le è mai capitato di avere paura per l’incolumità del bambino?
Sì, mi sono spaventata tante volte per motivi diversi. A volte capitava che arrivava il momento del parto e il ginecologo non era presente in ospedale. La cosa mi spaventava molto. Oppure quando succedeva che il cordone ombelicale si attorcigliasse intorno al collo del bambino. Per fortuna tutto poi si è sempre risolto nel migliore dei modi.

Quando ci sono problemi per il bambino alla nascita, ad esempio se un bambino muore, chi segue la madre?
Non mi sono mai trovata in una situazione simile. Se un bambino muore ci si deve subito occupare della madre e questo è compito dell’ostetrica, anche perché, dopo il parto, ci sono una serie di operazioni da completare e i medici devono occuparsi di quello. Questo accade anche se il bambino ha delle complicazioni, in questo caso, l’ostetrica sta con la madre, mentre il bambino viene affidato alle cure del pediatra.

Per una mamma è più difficile il parto spontaneo o quello cesareo?
Il parto cesareo è un intervento chirurgico, per cui magari si soffre dopo, come si soffrirebbe per una normale operazione.

Lei ha figli? Ci racconta delle emozioni che ha provato quando sono nati?
Io ho tre figli, due femmine nate col parto naturale e un maschio nato col cesareo. Devo ammettere che tra partorire e assistere c’è una bella differenza. Mi aspettavo che le colleghe facessero con me quello che io mi prodigavo a fare con le partorienti, invece non è stato così, forse perché credevano che io non ne avessi bisogno. Sono anche nonna e ho assistito al parto di mia figlia, ma non come ostetrica solo in veste di mamma.

Volevamo ricordare a tutti voi che sabato 5 marzo è nostro dovere partecipare alla manifestazione contro la chiusura dell’ospedale. Vediamoci quindi in viale Rinascita alle ore 11.00.

 

 

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