Muravera

Published on 17 Novembre, 2015 | by Piera Conconi

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La toccante testimonianza di 2 studenti muraveresi nella Parigi ferita

Quanto è accaduto a Parigi venerdì scorso ha scosso non solo la Francia ma il mondo intero. Un mondo sempre più violentato ma anche violento, che sembra voglia combattere la guerra e ha dimenticato il senso della parola Pace. Tutti eravamo tristemente “rapiti” dalle immagini che scorrevano lente, molto lente quel venerdì 13, su tutti i canali televisivi.

Molti gli italiani che si trovavano a Parigi quel giorno e molte le famiglie che vivevano con apprensione ancora maggiore, quelle ore terribili. Tra questi italiani c’erano anche due ragazzi di Muravera: Riccardo Tronci e Fabio Mulas entrambi in Francia per motivi di studio. I loro appartamenti si trovano proprio nell’XI arrondissement, uno dei quartieri parigini più colpiti dagli attentatori,a poche decine di metri dal Teatro Bataclan ( nessuno di noi potrà dimenticare più questo nome).
Abbiamo raggiunto Fabio e Riccardo per telefono e abbiamo chiesto loro di parlarci di quella sera, anzi di quella lunga notte.

Questo è quello che ci hanno raccontato:

“Mi chiamo Fabio ho 21 anni, mi trovo a Parigi da circa 6 mesi e frequento la facoltà di fashion marketing nell’EsMod Paris. Sono sempre stato innamorato di Parigi e per questo l’ho scelta come città per il mio futuro.

Ultimamente però il clima si fa sempre più teso e negli ultimi giorni la tensione era quasi palpabile dati i recenti avvenimenti. Venerdì sera ero a casa mia con i miei colleghi e, come d’abitudine, per finire la settimana scolastica, ci siamo riuniti per il solito sushi settimanale. Verso le 21.20 siamo arrivati a casa (abito nell’XI Arrondissement) e poco dopo abbiamo scoperto che di fronte al ristorante giapponese in cui abbiamo ritirato la cena, si stava scatenando una guerriglia. All’inizio, quando abbiamo sentito le esplosioni, pensavamo fossero dei fuochi d’artificio, nessuno di noi si sarebbe mai aspettato una tale tragedia. Solo più tardi, grazie alle chiamate di tutti i parenti e amici da Muravera, e in seguito sentendo la tv, abbiamo realizzato di essere nel mezzo di una vera e propria guerra.

Abbiamo seguito le evoluzioni della situazione e, terrorizzati dalle esplosioni che sembravano dentro casa, abbiamo deciso di “sigillarci” dentro per le seguenti 24 ore. Verso mezzanotte ho accompagnato un mio amico giù in strada perché doveva assolutamente raggiungere la sua compagna che era in casa sola e terrorizzata. Appena usciti dal portone, però ho visto l’esercito che marciava armato e pronto a sparare. Ci è stato ordinato di rientrare immediatamente, e solo allora mi sono reso conto che ero molto più vicino di quanto pensassi al luogo degli attentati. In seguito, guardando alcuni video sulle sparatorie, ho scoperto che si svolgevano a circa 50 metri dal portone di casa mia.

Finito questo incubo e passato il panico, oggi ho ripreso la mia vita normale in facoltà, nonostante l’aria tesa che si respira e il silenzio per le strade.
La città più romantica e bella del mondo si è trasformata in una triste metropoli dove nessuno si fida di nessuno e si leggono ancora la malinconia il terrore nei volti dei pochi passanti. Ho visitato i punti attaccati per onorare i caduti e ho sentito l’amore e la solidarietà dei cittadini francesi che si univano in omaggio dei loro concittadini morti.

Spero solo che questa tragedia non sia l’inizio di una guerra che sta già facendo troppe vittime , e non parlo solo di Parigi. Detto questo non mi sento né di schierarmi con la Francia né con la mia Italia, ma voglio semplicemente sperare che tutti smettano di “giocare” ad ammazzare gli altri e farsi i dispetti come i bambini. Spero solo che un giorno mio figlio possa godersi e apprezzare, come sto facendo io, questi due bellissimi paesi.

Sono amareggiato da tutte queste morti inutili, morti di gente innocente a cui non importa nulla degli affari politici e delle religioni di quelli che stanno creando queste situazioni troppo pericolose”.

“Mi chiamo Riccardo Tronci, ho 21 anni, sono uno studente della facoltà di Architettura all’Università di Cagliari. Mi sono trasferito a Parigi ad Agosto per trascorrere un anno di studi all’École National Supérieure d’Architecture de Paris La Villette, grazie al programma Erasmus. Quando ho dovuto scegliere la destinazione di questo anno accademico, ho avuto pochi dubbi nel prediligere questa città, in cui cultura e svago si coniugano perfettamente e scorrono vivi giornalmente. E anche a seguito degli avvenimenti dello scorso Gennaio l’ho sempre considerata sicura, sopratutto in questi mesi, vivendola.

Venerdì scorso, invece, è accaduto. Fortunatamente il giorno, fino alle 21.30, mi trovavo con amici sugli Champs-Élysée (ben lontano dai quartieri colpiti), con la spensieratezza che accompagna un solito venerdì sera,tutti pronti a festeggiare la fine delle lezioni. Nei 30 minuti successivi, passati in metropolitana per raggiungere il mio appartamento nell’XI Arrondissement, in città scoppia il caos. Noi, durante il tragitto, non ci accorgiamo di nulla, fin quando,uscendo dalla fermata (a 200 metri dall’ormai noto Bataclan), ci ritroviamo circondati dalle sirene delle auto delle forze di polizia che sfrecciano a tutta velocità in strada. Non capendo cosa possa essere successo, ci dirigiamo a casa e, grazie ai primi messaggi che ricevo, capiamo la situazione: la città è sotto attacco.

Accesa la tv, inizia a configurarsi una situazione incomprensibile. Intorno a noi si sta svolgendo una carneficina: sono ovunque, siamo circondati. Increduli e scossi dal continuo suono delle sirene e dai botti in lontananza, si riesce a chiudere occhio solo per qualche ora.

Dalle 22 di quella sera metterò piede fuori di casa solo la sera del giorno successivo, in una capitale diversa, sofferente e silenziosa, in cui non ci si sente più così tanto sicuri. La voglia di andare avanti é tantissima, ma allo stesso tempo il dolore è straziante e chiunque lo percepisce.

Oggi, lunedì 16, Parigi cerca di vivere la sua solita vita, le scuole riaprono, insieme ai centri sportivi, ai musei… Ma non è facile dimenticare ciò che è successo solo 2 giorni fa. Si è sempre sull’attenti, si teme che possa riaccadere da un momento all’altro. Ogni sirena che senti in lontananza ti scuote un po’. A mezzogiorno la città si ferma per commemorare le vittime, con strazianti minuti di silenzio. Perché ricordiamoci, che al di là della località, della religione, della politica, quel venerdì sera, 132 persone si sono viste portare via la loro vita. Ora quello che conta è che tutti dobbiamo avere la libertà di poter andare a bere una birra senza paura: sperando che Parigi si riprenda la propria libertà al più presto”.

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