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Published on 13 Giugno, 2015 | by Redazione

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Una lettera di un’alunna al suo preside (dal blog di Maria Sara)

Condividiamo la bella lettera scritta da Maria Sara Farci sul suo blog in ricordo del preside ed ex sindaco di Muravera Piero Loddo.

Caro Preside,

tutto avrei pensato nella vita, tranne che di scrivere queste semplici parole, nel giorno in cui il paese intero apprende la notizia della sua scomparsa. Sicuramente ci sono persone che la conoscevano meglio di me e che per questo potrebbero raccontare qualche aneddoto divertente che meglio descriverebbe quale bizzarro, stravagante e spesso discusso personaggio lei fosse. Eppure appena ho letto la notizia della sua morte ho sentito l’impeto di prendere carta e penna e raccontare il Professore, il Sindaco e il Preside che io ho conosciuto.

Posso dire, come tutti i ragazzi e ragazze della mia generazione, di essere nata e cresciuta con lei. Avevo due anni quando è stato eletto Sindaco di Muravera. Ne avevo undici quando l’ho conosciuta come Preside, prima delle scuole medie e poi delle superiori. E senza saperlo mi ha preso per mano e mi ha accompagnato nel lungo cammino che mi sono scelta e che ogni giorno mi porta sempre più lontano. E non lo dico perché quando muore una persona si tede a descriverne il lato positivo, migliore. No. A dire la verità lei era una persona difficile da comprendere. Amava le lingue, ma gli riusciva difficile comunicare. Urlava, sbraitava per i corridoi e tutti, professori e alunni, avevano una specie di timore reverenziale nei suoi confronti.

Eppure a me non faceva paura, neanche quando passava tra i banchi minacciando non so quale provvedimento disciplinare. O ai consigli d’istituto quando urlava contro i professori per il semplice fatto di aver detto una parola di troppo. No, non mi faceva paura e penso che questo infondo lei lo sapesse. Mi guardava negl’occhi, quasi sfidandomi, e vedendo che i miei non si abbassavano, mi sorrideva e poi mi lasciava parlare: avrei potuto dire qualsiasi cosa e lei non mi avrebbe mai urlato contro. E appena l’istinto di alzare la voce prendeva il sopravvento la riguardavo negl’occhi e tutto tornava come prima.

Come l’ultima volta in cui ci siamo parlati. Era l’estate del mio ultimo anno a Muravera. La maturità era ormai un ricordo e quell’anno facevo parte del comitato di Sant’Agostino. Venne una cantante, Jenny B, e lei mi chiese di scattare una foto, solo voi due. Qualche giorno dopo passai a scuola.

“Preside le ho portato un regalo”

Lei mi sorrise e prese in mano la busta con la foto stampata

“Grazie, è stato gentile da parte tua. Ora dimmi, che farai? Ti sei già iscritta all’università”

“Sì Preside. Andrò a Urbino”

“Ottima scelta. E cosa farai?”

“Scienze della comunicazione”

Non dimenticherò mai il suo sguardo in quel momento. Era solo l’inizio della bufera. Nei corridoi deserti della scuola la sua voce iniziò a rimbombare:

“Scienze della comunicazione? Eccone un’altra. E magari vorresti pure fare la giornalista! Tutti uguali. Non sono queste le lauree che servono, che portano lavoro”

Lo lasciai urlare per qualche minuto e poi con calma risposi:

“Preside, sbaglio o fu proprio lei che qualche mese fa, durante la settimana dell’orientamento, ci disse che avremmo dovuto scegliere ciò che più ci piaceva e non ciò che ci avrebbe sicuramente portato il lavoro? E che questo infondo è l’unico modo per avere successo nella vita e nel lavoro?”

Lei mi sorrise, ancora una volta, mi diede una pacca sulle spalle e mi disse:

“Hai fatto bene allora! E ti auguro il meglio per il tuo futuro”.

Da allora ho pensato tante volte a quell’episodio e sempre con il sorriso in bocca. È stato solo il primo ad avvisarmi di quanto difficile e ardua fosse la salita che mi ero scelta e, come lei mi ha insegnato quel giorno, non mi sono mai fermata. A piccoli passi ho continuato a scalare le difficoltà che questo mestiere mi mette davanti. Mi ha insegnato a non aver paura, a non farmi sopraffare dalle urla né tanto meno dagli scoraggiamenti che sono sempre dietro la porta pronti ad aspettarmi. Tutto questo mi ero promessa che un giorno le avrei raccontato: la mia voglia di fare e i successi che se pur lentamente continuano ad arrivare. E so che di questo ne sarebbe stato orgoglioso. Perché nonostante tutto non c’era cosa che amasse di più al mondo della scuola e di noi ragazzi.

Con immensa stima

m.s.f.

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