"Avevo solo 2 pantaloni e poco tempo per giocare" - SARDEGNA

Muravera

Published on 19 Novembre, 2015 | by Scuola Media - Terza C

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“Avevo solo 2 pantaloni e poco tempo per giocare”

Antonino Murtas da giovaneOggi noi viviamo in un’epoca in cui abbiamo tutto e ci riteniamo fortunati, eppure al mondo ci sono nostri coetanei che vivono una vita diversa dalla nostra. Alcuni vanno in guerra, altri non frequentano la scuola né hanno tempo per giocare perché devono lavorare per pochi soldi, altri soprattutto ragazze vengono costrette a sposarsi in tenera età.

Facendo un passo indietro negli anni, e questo lo abbiamo saputo studiando storia, possiamo notare che per i nostri nonni la vita che hanno vissuto da bambini era più simile a quella che stanno vivendo questi ragazzi sfortunati piuttosto che alla nostra.

Incuriositi abbiamo deciso di fare “un’ escursione” nel passato, neanche troppo lontano, quello nel quale i nostri nonni e bisnonni hanno vissuto la loro adolescenza.

Abbiamo intervistato il signor Antonino Murtas (nella foto è quello sulla destra) che, insieme ai suoi amici, trascorre i pomeriggi seduto sempre nella stessa panchina che si trova vicino alla farmacia di Muravera, in via Roma. Signor Antonino è un vecchietto molto simpatico, ha novanta anni, è di Muravera, ha due figli, è vedovo, è nato nel 1925 e ha tanta voglia di chiacchierare con noi.

Ci racconta come era la vita di un ragazzo di 14 anni a cavallo tra le due guerre?
Io, quando è scoppiata la seconda guerra mondiale, avevo 15 anni. Non ero studente, facevo il pastore, come molti ragazzi della mia età allora.

Lo faceva qui a Muravera il pastore?
No, io pascolavo le pecore di mio padre a Tuerra; sin da piccolo ho imparato a mungere, a tosare, a fare il formaggio. Lavoravo ogni giorno, anche la domenica e durante il periodo della tosatura, dopo che finivo il lavoro con le pecore di mio padre, andavo negli altri ovili dove avevano bisogno di aiuto.

Le è mai capitato di rimanere da solo in campagna anche da piccolo?
Sì certo, molte volte, dormivo nel monte di fronte al ristorante La Quercia, monte Intrusci e lì avevo anche un bel cuscino sul quale mi addormentavo, quel cuscino è ancora lì: una bella pietra, sono anche andato a vederla. La quercia del ristorante io l’ho vista che era piccolina.

Che giochi faceva quando era piccolo?
Non ho giocato molto, non ne avevo il tempo; sono andato a scuola fino a 13 anni, ho iniziato a 8, e sono arrivato alla terza elementare; mi hanno bocciato una volta e mio padre mi ha messo a pascolare le pecore. A sedici anni ho ripreso a studiare: c’era un’ insegnante a Camisa, sono andato a ripetizioni da lei per un mese e ho preso la quarta poi, a 33 anni, ho preso la cartella (pagella) di quinta e sono stato anche bravo . Quel giorno, insieme a me, c’erano un carabiniere e un finanziere, io presi il voto più alto di tutti e la maestra mi fece i complimenti. Mi avete chiesto a cosa giocavo? Quando ero in paese, andavo in piazza di chiesa e giocavo a “su giogu de leprisi”, “a curri” e poi capitava anche che ci picchiassimo tra compagni.

Ha mai picchiato qualcuno quando andava a scuola?
Sì ne ho picchiati ben tre, uno di questi, che ora è anche morto, alcuni anni fa l’ho incontrato all’ufficio postale, mi ha riconosciuto e mi ha ricordato che io l’avevo punzecchiato nella gamba, rompendogli i pantaloni con il pennino, a scuola in quel periodo non si usavano le penne, ma i pennini da intingere nei calamai con l’inchiostro. Il pennino era diventato arma di attacco o di difesa. Arrivato a casa non ha avuto il coraggio di raccontare la verità alla mamma, allora di pantaloni ne avevamo giusto due paia e, se la madre avesse scoperto che li aveva rotti bisticciando, l’avrebbe picchiato anche lei.

Lei ha detto che aveva 15 anni quando é scoppiata la guerra, quindi non ha combattuto?
No, si partiva a diciotto anni. A vent’anni, dopo la firma dell’armistizio dell’otto settembre 1945 però mi hanno mandato in zona di guerra, ma non ho mai combattuto per fortuna.

Quando lei faceva il militare come comunicava con i suoi genitori?
Io comunicavo con le lettere perché i telefoni ancora non esistevano, tutti comunicavamo con le lettere. Solo che non tutti sapevano leggere e scrivere e allora ci si rivolgeva a qualcuno che lo sapeva fare. Mio padre non sapeva leggere, riusciva a scrivere qualche parola, ma era molto lento, per scrivere una riga impiegava un intero pomeriggio.

Quando lei è partito militare parlava bene l’italiano?
Lo parlavo poco, però quando ero fuori dovevo sforzarmi se volevo capire gli altri e farmi capire, in quel tempo c’era il mercato nero e dovevi adattarti se volevi comprare un paio di pantaloni, una camicia o le sigarette; inoltre leggevo il giornale, avevo più tempo rispetto a quando ero in Sardegna. Però se c’erano sardi, tra noi si parlava in dialetto.

Lei, quando era un ragazzo di quindici o sedici anni, usciva come escono i giovani oggi?
No, a quell’età uscivo qualche volta, voi state uscendo troppo e siete ancora piccolini.

Aveva tanti vestiti, tante scarpe in quei tempi?
Macchè! Pochissimi, due pantaloni e due camicie; quando erano bagnati bisognava asciugarli col fuoco del camino.

Quando lei era un ragazzo, i giovani avevano riguardo verso gli adulti rispetto a oggi? E a i suoi genitori dava del lei o del tu?
Sì, molto riguardo, oggi i ragazzi sono poco rispettosi, avete troppa confidenza. Io, quando mi rivolgevo ai miei genitori, davo loro del lei, “sa mazzei”.

Che cibi si mangiavano in abbondanza?
Il minestrone di legumi (fave,ceci,lenticchie) ma anche carne. Io sono stato e sono ancora un gran mangione di carne. Si mangiava cinghiale, pecora, lepre e coniglio che non trovavi in macelleria, le macellerie neanche c’erano.

Come si festeggiavano le feste?
Con un pezzo di carne e in famiglia. Le pecore però non festeggiavano e bisognava portarle al pascolo e nel mese di dicembre c’erano gli agnelli e il lavoro aumentava, quindi anche il Natale non veniva festeggiato. Mio padre era un orologio e alle due, mangiato o no, si andava al pascolo per due tre ore e visto che non c’era l’orologio l’ora si contava con la pianta del piede.

Andavate a ballare in qualche locale?
Sì andavamo a ballare ma non in un locale, si ballava nelle case private, di pomeriggio, perché appena imbruniva le ragazze dovevano rientrare a casa. Ballavamo il ballo sardo. Ci divertivamo molto.

Andava spesso a Cagliari? Con quali mezzi di trasporto?
C’era la corriera, macchine ce n’erano pochissime. La prima volta che sono andato a Cagliari è stato quando sono partito militare, io non sapevo neanche dov’era Cagliari.

Quando ha visto il suo primo programma in tv ? Cosa ha provato?
Ero adulto, ero già sposato; se non ricordo male nel ’60. Io il televisore a casa non ce l’avevo, andavo con mia moglie e i miei figli a casa del vicino; in piazza di chiesa c’era Giovanni Anedda che aveva il televisore e invitava a casa sua tutti quelli che non ce l’avevano,era quasi una festa . Il primo programma che ho visto era il “Canzoniere” di Mario Riva.

Quando ha avuto il suo primo telefono?
Verso il’70, era il telefono fisso che avevano molti in quegli anni, ma non tutti . Ora ho il telefono cellulare.

Quante fidanzate ha avuto?
Fidanzate nessuna, allora era diverso, non ci si fidanzava facilmente, c’erano tante ragazze che mi piacevano. C’era una ragazza che frequentavo prima di partire militare, avevo 19 anni, ma non sono mai riuscito a darle un bacio, ci provavo ma lei metteva sempre la mano davanti alla bocca. Ci vedevamo di nascosto, io uscivo e passavo vicino a casa sua ma non sotto, per non farmi vedere da sua madre che non voleva che lei uscisse con un ragazzo. Lei mi vedeva e scendeva in strada, ma nella via dietro casa sua, parlavamo un po’ e dopo rientrava. Lei però dopo si è sposata con un altro ragazzo, purtroppo è morta molto giovane. Quando l’ho saputo, ero sposato anche io, ma mi era dispiaciuto molto. Ho trovato anche una ragazza a Napoli, quando ero militare, lei si voleva fidanzare ufficialmente ma io ho detto di no perché non volevo imbrogliare una famiglia, io dovevo partire e tornare in Sardegna.

Quando doveva dichiararsi a sua moglie come ha fatto?
Io l’ho conosciuta perché il fratello si era sposato con mia sorella. Quando l’ho vista mi è piaciuta; io avevo un dizionario d’amore e le ho scritto una lettera copiando le frasi dal dizionario, non era ancora fidanzata con nessuno e io le ho chiesto se voleva esserlo con me, in partenza ha detto no. Lei era di Monserrato, sono andato lì da lei per chiederle di persona di fidanzarsi con me, mi ha detto che ci avrebbe pensato e che prima di otto giorni non dovevo farmi vedere (ancora oggi non ho capito perché mi abbia dato questi otto giorni). Io ho fatto come mi ha detto, dopo otto giorni mi ha risposto di sì e dopo un anno ci siamo sposati.

Ci si fidanzava così a quei tempi?
No, io ho fatto una cosa diversa: sono andato a casa della mia futura moglie e le ho chiesto di fidanzarsi con me. Solitamente erano i genitori che dovevano accompagnare i figli maschi a chiedere la mano della ragazze.

Lei e i suoi amici trascorrete i pomeriggi seduti in questa panchina, potete quindi osservare i giovani che vi passano davanti, come vede la gioventù attuale?
“Sbregungiusu”, c’è troppa libertà e poco rispetto verso le persone, uscite troppo e rientrate spesso troppo tardi. Ma se devo essere sincero, a volte penso che mi piacerebbe tornare indietro e rivivere la mia gioventù soprattutto per avere qualche ragazza in più. Il consiglio che vi do è quello di essere più educati, evitate di rientrare alle quattro del mattino.antonino murtas 2

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